Pittura
- Dettagli
- Visite: 4673
Che Italo Tomassi avesse una naturale predisposizione per l'arte grafica lo si capì fin dal lontano 1916 quando in prima elementare, copiando le vocali scritte dalla maestra sulla lavagna, le tracciò sul quaderno completamente al contrario utilizzando la mano sinistra. La maestra, che vide il suo modo di scrivere, si divertì moltissimo e non lo corresse anzi, lo invitò a scrivere solo un lato delle pagine del quaderno per poterlo leggere controluce appoggiandolo alla finestra. In seconda elementare gli insegnò a scrivere con la destra e nel verso giusto, così da quel momento e per tutta la vita fu ambidestro ed ebbe la capacità di disegnare o scrivere in modo speculare.
Cominciò, dunque, ad esprimersi con talento fin da piccino e quando entrò al San Michele a Ripa in terza elementare, gli insegnanti rimasero talmente meravigliati da come aveva riprodotto un cavallo che pensarono fosse stato fatto da uno studente dei corsi superiori. Dopo averlo messo alla prova facendogli fare vari disegni, gli insegnanti utilizzarono queste sue qualità per farsi aiutare ad effettuare dei piccoli lavori.
I suoi studi artistici subirono naturalmente l'influenza dei docenti: Quirino Angeletti che insegnava disegno architettonico e scenografia. Oreste Amiconi, Rodolfo Villani, Enrico Ortolani e Silvio Galimberti, che insegnavano pittura e decorazione. L'ottima padronanza del disegno, dell'uso del colore e delle varie tecniche, lo portarono ad esprimersi in modo "accademico" per molti anni.
La realtà non veniva modificata o interpretata dalla sua fantasia, ma veniva sublimata dai suoi sentimenti. L'esperienza di una infanzia tragica e di un' adolescenza dura e sofferta, passò attraverso una catarsi che generò opere di grande forza espressiva come "Caino", "Il Diluvio", "Il Disprezzo". Fu un trasferire le ansie, i dolori e le amarezze nelle sue opere al fine di liberarsene. Da questo momento fu pronto alla rinascita: l'incontro con la donna amata, il matrimonio, la nascita della figlia portarono dolcezza e speranza nella sua vita. Nacquero così dal suo pennello Madonne raffaellesche, paesaggi campestri, cavalli che correvano liberi…
Il mondo del cinema fu l'altro aspetto della sua arte che man mano modificò lo stile accademico e liberò la fantasia. L'incontro con Federico Fellini fu fondamentale sia per la sua carriera cinematografica che per la produzione pittorica. Nacque un nuovo modo di dipingere, definito dallo stesso pittore "concettuale". I suoi pensieri, i sogni, le fantasie presero forma in quadri pastosi e colorati, dove simboli più o meno evidenti fecero da filo conduttore. Italo Tomassi si divertì a mostrare questi quadri a Federico Fellini facendogli indovinare il titolo, e Fellini non lo deluse dando puntualmente la giusta interpretazione del quadro.
Vari critici parlarono delle sue opere in occasione delle "personali" o delle "collettive" a cui partecipò, tra questi, Aedo Galvani:"Tenace assertore di quella pittura che si esprime attraverso elementi reali e concreti, di quella pittura che impegna ad una sempre più profonda analisi del soggetto, non si allontanò mai dalla viva ed umana realtà."
Infatti, nelle opere esposte che datano dal 1949 al 1956, traspare evidente e costante il desiderio di uno studio introspettivo, presente ed inalterato anche nel paesaggio, che si compendia nella serie degli studi psicologici.
Valerio Mariani: "Italo Tomassi alla Fontanella applica una sua materia corposa e grave nella interpretazione di temi psicologici ed illustrativi. Le sue espressioni nelle maschere umane impediscono troppo spesso, con la loro mimica insistente, una valutazione positiva delle doti pittoriche evidenti nelle altre composizioni".
Luisa Fornari: "La sua arte scaturisce quasi spontaneamente dalla lunga esperienza nelle ricostruzioni scenografiche, confortata da un colore trasparente ed intenso, sembrerebbe, a vivacizzare e interpretare la costruzione architettonica di una Roma quasi fuori dal tempo, come nel suo "Città al crepuscolo" dove i passanti sono solo macchie di colore in confronto alla sapiente ricostruzione architettonica della città".
Nel 1985, a causa di alcuni problemi di cuore, decide di lasciare la sua attività cinematografica e si dedica esclusivamente alla pittura.
Forse l'età (75 anni), forse la lontananza dai teatri di posa e dal mondo fantasmagorico del cinema, lo inducono ad una accentuazione esasperata della sua espressività. Nasce una serie di acquarelli anomali: troppo veri quindi falsi. La cura meticolosa dei particolari, l'utilizzo esasperato del colore reso troppo vivido forse per contrapposizione ad un grigiore interiore, fanno di queste ultime opere una specie di realtà cinematografica.